Campione Italiano:
-1957 Trofeo Pista Piana classe 175 su Mondial
-1957 Trofeo Pista Piana classe 500 su Jap
-1958 Trofeo Pista Piana classe 175 su Mondial
-1960 Trofeo Pista Piana classe 175 su Mondial
-1967 Trofeo Pista Piana classe 500 su Jap
Ho conosciuto Domenico Pietrogrande sulla pista del Prato della Valle di Montagnana negli anni 70 e l’ho incontrato nuovamente anni fa, quando, grazie all’ aiuto della moglie Licia, lo convinsi a parlare un po’ della sua carriera sportiva. Eravamo in cucina e ad un tratto “Meni”, pur debilitato e sofferente, si alzò e andò a prendere una vecchia borsa di cuoio dalla quale estrasse un piccolo diario, “Addio grande passione, addio sacrifici di un tempo”, sul quale aveva annotato episodi ed emozioni di una vita trascorsa nel mondo delle corse motociclistiche e con grande pazienza ed umiltà si mise a raccontare quanto ho qui cercato di riassumere.
All’età di quattordici anni la prima grande passione sportiva: la bicicletta. L’occasione fu una gara riservata agli allievi e nella quale arrivò secondo. Due anni dopo un vecchio amico di famiglia lo convinse a provare la pista ed il velodromo Monti di Padova lo vide primeggiare in alcune gare. Lo chiamavano il “Carbonaio” per l’abbigliamento, baschetto compreso, completamente nero che lo contraddistingueva da tutti gli altri. Poco dopo dovette mettere da parte questa sua passione; il padre lo voleva sempre più attivo e responsabile nell’azienda e fu così che imparò a suonare la fisarmonica “di tanto in tanto”.
Qualche anno più tardi scambiò il prezioso strumento con una vecchia moto “Ancora 175” e fu l’inizio di una nuova travolgente passione. La prima gara avvenne quasi per caso: -“A Montagnana si corre!”- era il grido degli sportivi. In quindici giorni con il fedele Gigio (Luigi Moro), fu tutto un susseguirsi di preparativi nella vecchia officina di via Schiavin e di snervanti andirivieni a Padova per la visita medica che avrebbe garantito il rilascio della licenza da parte della Federazione Motociclistica Italiana. Alle 15 partiva la classe 250, la preferita, e nonostante lo scoppio della gomma posteriore arrivò secondo.
Venne poi la mitica “NSU 500”, che con opportune modifiche diventò una vera e propria “macchina da pista” come Meni l’amava definire. Il 22 Maggio 1949 a Lonigo la classicissima della stagione per gli specialisti della pista piana. Meni e Gigio lavorarono come “dannati” per la preparazione del motore e del telaio ed alla fine la “macchina da pista” era pronta, nonostante che a prima vista assomigliasse ad una “vecchia carriola”.
Le batterie di qualificazione furono già un primo successo; la finale era dietro l’angolo o meglio dietro l’ultima curva del Circolo, come era definito il tracciato leoniceno. Allo start si presentarono i fratelli padovani Camporese , il temibilissimo Dario Basso con la potente “Gilera” e Meni al quale l’amico Attilio De Marchi, che in quella giornata non aveva avuto fortuna, prestò la propria “Rudge 500”, a quel tempo un vero gioiello e che era appartenuta al campionissimo fiumano Adolfo Tojo Marama. Partenza a razzo e dopo una lunga interminabile fuga Meni tagliò il traguardo tra il tripudio dei numerosi tifosi.
Seguirono altre corse ed altre vittorie: Vicenza, Montagnana, Trieste. Di quest’ultima un ricordo sempre vivo nella memoria. Trasferimento in treno considerata la lunga trasferta, con il fedele Gigio, la “NSU” imballata alla buona ed una cassetta dei ferri per l’emergenza.
Il tempo prometteva bene, la pista, una delle più belle dei circuiti nazionali, in perfette condizioni.
Durante la prova riservata ai conduttori italiani Meni arrivò terzo e si guadagnò l’accesso alle manches riservate ai conduttori internazionali. Sostituiti in qualche maniera i dischi della frizione si presentò alla partenza accanto ai fortissimi austriaci Kamper, Chalupa, Rossman e lo slavo Mrak.
Alla prima curva la collisione con la ruota posteriore della moto condotta dal viennese Fritz Dirtl, giovanissimo astro emergente e vincitore poi della gara. Alla rovinosa caduta seguì l’investimento da parte degli altri conduttori che lo inseguivano ed il conseguente ricovero all’ospedale in condizioni gravissime.
Diciassette giorni dopo, aiutato dal sempre presente Gigio salì sul treno ed arrivò ad Este.
Seguirono poi le vittorie di Taglio di Po, Vallelunga, Palmanova con il sempre presente Dario Basso, Attilio De Marchi e Zanolla.
Il glorioso propulsore “NSU”, ormai troppo pesante, venne sostituito da un motore Jap del 1930, trovato fortunosamente in una vecchia officina e rimesso a nuovo.
Nel 1953 e 1954 Pietrogrande partecipò al Motogiro d’Italia, una competizione a tappe sulle strade italiane.
Nella seconda edizione, fu particolarmente sfortunato, dovette ritirarsi a circa 80 km dal suo paese, Este, dove una folla di tifosi lo aveva atteso per tutta la giornata.
Nel frattempo la Mondial dei F.lli Boselli di Milano gli diede un motore 175; cominciò così a correre nelle due categorie.
Seguirono altre vittorie: Castelmassa, Vallelunga, Cingoli e ancora a Montagnana, in una gara ad handicap internazionale dove vinse una coppa che conteneva ben quattro litri di spumante.
A Follonica dopo trentasei giri di pista, sotto un caldo terrificante, arrivò primo nella classe 175.
Nel 1957, dopo quattro prove svoltesi a Lonigo, Rovigo, Follonica e Lanciano, diventò campione italiano di pista piana nelle categorie 175 e 500 rispettivamente su Mondial e Jap.
L’anno seguente si riconfermò nella classe 175 su Mondial, così come nel 1960, sempre nella medesima categoria e con la stessa Mondial. Il meritato trofeo fu conquistato grazie al primo posto ottenuto nella gara di Udine, sotto una pioggia torrenziale e dopo un accanito duello con il romano Aldo Montesi e Dante Zilli.
Infine nel ‘67 su Jap nella classe 500 come confermano le statistiche della F.M.I. e che vedevano accorpate gare di speedway e pista lunga. Furono sicuramente gli anni di maggior prestigio per Meni e per il Moto Club di Rovigo che annoverava nella propria squadra corse altri valentissimi e blasonati centauri: il cormonese Giordano Bon, Rizzi, Vallin e Cavicchioni.
E qui Meni terminò il suo racconto con queste parole -“Per gli anni a succedere ci vorrebbero altrettanti fogli… è una storia troppo lunga.”- Nel ‘72 la grande passione per la moto lo riportò ancora una volta sulla pista del Prato della Valle di Montagnana che l’aveva visto all’esordio ventisei anni prima e sempre a Montagnana, tre anni dopo, si chiuse una gloriosa ed entusiasmante carriera sportiva in seguito ad una caduta durante una gara di speedway nazionale. A cinquantadue anni Domenico Pietrogrande attaccò definitivamente il casco al chiodo. Nel 1989 l’ultima grande vittoria: Cavaliere della Repubblica.
Luigi Moro “Gigio” l’amico inseparabile
Domenico Pietrogrande lo ricordano così:
Gianni Tomba
“Quando l’ho conosciuto era già avanti con gli anni e gareggiava saltuariamente. Pertanto non ho potuto vedere le sue straordinarie doti tecniche che molti mi hanno descritto. Meni per la storia della pista ovale italiana è stato il primo campione italiano nel 1967, che se ben ricordo, sino al 1971 era Trofeo FMI, poi successivamente venne cambiato. Persona squisita, con una gentilezza d’altri tempi. Ho parlato assieme a lui spesso nelle varie gare in cui ci siamo incontrati e l’ho ancora scolpito nella mia memoria quando era il “meccanico” di Luigino Brendolan e quando divertiva tutti con la sua fisarmonica che diventava una cosa viva nelle sue straordinarie mani.
E’ stato uno dei GRANDI dello speedway italiano, un pioniere che ha lasciato un solco profondo nel quale lo speedway italiano bene o male, ha continuato sino ai nostri giorni.”
-“Meni… un Signore.”-
Mauro Ferraccioli
-“Pietrogrande era un pilota, diciamo della prima generazione, che guidava alla vecchia maniera.
Nulla toglie che fosse un discreto pilota, ma la seconda generazione, vedi Pretto, io, Biginato, Missaglia, Barbetta, etc… avevamo un’altro modo di guidare. Era una persona molto gentile e ordinata mi ricordo bene la sua officina, ma in pista non regalava niente. aveva tanta, tanta passione. Era un grande musicista, ricordo la sua fissa per gli strumenti musicali.”-
Luciano Toffanin
-“Il mio Maestro di speedway.”-
Renzo Giannini (Presidente Onorario CCP FIM)
-“Mi è stato chiesto di scrivere due righe su Meni Pietrogrande e le prime cose che mi saltano in mente sono che è stato un campione italiano di speedway (forse all’epoca si chiamava ancora Dirt-Track) nel lontano 1967 ed è stato anche un musicista che metteva il suo tempo libero a disposizione degli anziani andando nelle case di riposo a rallegrarli con la sua musica. Dell’attività di musicista non ne so molto, ma di quella di motociclista qualcosa ricordo:
Ricordo n°1
Giovine segretario del Moto Club Lonigo, nel 1967, appunto, redassi testi per il “Numero Unico” del M.C. Lonigo per celebrarne il 20esimo anniversario dalla fondazione ed andai a ricercare le classifiche degli anni precedenti, trovando che il buon Meni sulla pista del “Circolo di Lonigo” ebbe anche questi risultati:
-05 Luglio 1959 Classe 175 cc 3° classificato su Mondial
-05 Luglio 1959 Classe 500 cc 2° classificato su JAP
-10 Luglio 1960 Classe 175 cc 3° classificato su Mondial
-16 Luglio 1961 Classe 250 cc 6° classificato su Mondial
Detto che, probabilmente, il Mondial 250 cc. del 1961 era il solito 175 cc degli anni precedenti, non ho più trovato piazzamenti in classifica negli anni successivi, forse perché Meni aveva deciso di fermarsi.
Ricordo n°2
Infervoratomi alla causa dello speedway (o Dirt-Track che dir si voglia) assieme ad alcuni amici si cercava di far rinascere anche in Veneto qualche pilota che praticasse la pista ovale, dato che all’epoca erano quasi tutti friulani, e si andò a trovare Meni e a vedere la sua JAP con la quale aveva corso in passato. Forse i miei ricordi sono ora un po’ svaniti (sapete, l’età!), ma mi sembra di aver visto una moto con uno strano telaio, come del resto si usava all’epoca per la pista lunga, e con un motore JAP a “Valvole verticali”. A noi, bramosi di trovare qualche mezzo meccanico per far correre i due o tre eroici ragazzi che si dicevano pronti a derapare, sembrava una bellezza, ma ancora con il beneficio del dubbio per i ricordi lontani, sembra che tale motore fosse derivato da un JAP a destinazione agricola da usare abbinato ad una pompa.
Ricordo n°3
Lasciato il “Circolo” il Moto Club Lonigo si trovò ad organizzare gare di speedway (non più Dirt-Track) su di una stranissima pista a Monticello di Fara. Stranissima pista perché aveva dei rettilinei lunghissimi ed un ridottissimo raggio delle curve, configurazione che metteva in crisi molti dei nostri praticanti che, o derapavano troppo quasi fermandosi a centro curva, oppure non riuscivano a curvare dovendo di conseguenza rallentare cercando di evitare la barriera esterna in tavole. Bene, detto della pista, bisogna dire che all’epoca c’erano parecchi piloti che ambivano ad entrare in gara, ben di più dei 16 necessari (ci fossero oggi!) e, per qualificarsi, c’era il sistema del “Tempo sul Giro Lanciato”. Bene, ci credereste, Meni, che era tornato a correre, aveva un suo stile particolare per “fare il tempo”: non accelerava a tutta birra nei lunghi rettilinei, come facevano gli altri, ma manteneva una velocità costante che non lo metteva in crisi in entrata ed uscita dalle curve ed il tempo veniva. Lui si qualificava per la gara, altri, giovani ed irruenti, ne stavano fuori. Un solo commento: saggezza ed esperienza da vendere. Penso sia abbastanza, chiedo venia ancora una volta se i ricordi non sono poi così precisi, ma penso di aver dato un’idea di che pasta fosse fatto il buon Meni Pietrogrande.